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Per terreni agricoli, indennizzabili come edificabili, rileva solo il deprezzamento della parte residua, non il danno all'azienda agricola

La Corte di Cassazione, con la sentenza sez. I Civ. n. 25709 del 01/12/2011, chiarisce che per terreni aventi destinazione edificatoria (nel caso di specie per essere incluso in un PIP), deve pertanto considerarsi del tutto irrilevante il danno all'azienda agricola, valutabile soltanto qualora l’esproprio riguardi un fondo avente natura non edificatoria, ora indennizzabile ai sensi del primo comma dell’art. 40 del T.U.E.
In particolare, la sentenza specifica quanto segue:
«E' noto, infatti, che il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis introdotto con la Legge di Conversione 8
agosto 1992, n. 359 (n.d.r: ora art. 37 del T.U.E.), ha dettato nuovi criteri per la determinazione dell'indennità di espropriazione di aree edificabili, disponendo che per la valutazione dell'edificabilità delle aree si devono considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'imposizione del vincolo preordinato all'esproprio; ……. ;.Pertanto siccome nel caso il terreno, incluso in un PIP, secondo quanto prospettato dalle parti ed accertato dalla sentenza, aveva destinazione legale edificatoria, anche il pregiudizio da accertare ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 40 (n.d.r: ora art. 33 del T.U.E.) non poteva che muovere da tale presupposto e doveva considerare del tutto irrilevante l'azienda agricola gestita dai D.G.: valutabile soltanto secondo il disposto della L. n. 865 del 1971, art. 15(n.d.r: ora art. 40, comma 1, del T.U.E) se fosse stata impiantata su di un fondo avente natura non edificatoria. Laddove nessuna diminuzione anche parziale dell'edificabilità della parte residua in conseguenza dell'espropriazione è stata dedotta dai proprietari .In tale prospettiva risulta pertanto corretta la conclusione della sentenza impugnata, che alla porzione suddetta un qualche pregiudizio è stato arrecato dalla soppressione di una strada di accesso che pur tuttavia non ne ha cagionato l'interclusione; e d'altra parte non è esatto che tale accertamento comportava necessariamente la stima con il criterio differenziale previsto dal menzionato art. 40, avendo questa Corte ripetutamente affermato che per la determinazione dell'indennità per
differenza (tra il valore del fondo prima dell'esproprio ed il valore del fondo residuo) detto meccanismo non è
vincolante, ben potendosi raggiungere il medesimo risultato attraverso la somma del valore venale della parte
espropriata e del minor valore della parte residua: (Cass. 3175/2008 cit.; 17287/2007;22110/2004;
13887/1999): così come ha fatto la Corte del merito, la quale ha aggiunto al valore della porzione espropriata il
decremento sofferto dalla quella residua calcolato secondo l'incontestata indicazione del c.t.u. in misura pari al
15% del suo prezzo di mercato.»

Ultimo aggiornamento: 03/05/2013

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