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Edificabilità legale: criteri e disciplina applicabile per determinare l’indennità di espropriazione, con riferimento al binomio edificabilità-non edificabilità

La Corte di Cassazione, sez. I Civile, con sentenza 28 settembre 2016 n. 19193, ha richiamato i criteri applicabili in materia di indennità di espropriazione, con riferimento agli artt.. 32 e 37 del DPR n. 327/2001 e s. m.(T.U.E.), secondo la quale ai fini indennitari si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento del decreto di esproprio, premessa la ininfluenza dei vincoli espropriativi. Conseguentemente non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l'area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta in base alla normativa statale e regionale o alle previsioni di qualsiasi atto di programmazione o di pianificazione del territorio, ivi compreso, tra gli altri, il piano regolatore generale, ovvero in base ad un qualsiasi altro piano o provvedimento che abbia precluso il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata.In particolare l’alta Corte afferma quanto segue:“…3.2. Al riguardo - e come recentemente ricapitolato da questa Sezione con la sentenza 24 febbraio 2016, n. 3620 -sussiste una normativa specifica introdotta dall'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359 ed oggi recepita dagliartt. 32 e 37 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. espropriazioni per pubblica utilità), secondo la quale ai fini indennitari si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento del decreto di esproprio (art. 5-bis, comma 3, legge n. 359 del 1992; artt. 32, comma 1, e 37, comma 3, T.U.). Per il successivo comma 4 dell'art. 37 T.U., premessa la ininfluenza dei vincoli espropriativi, non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l'area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta in base alla normativa statale e regionale o alle previsioni di qualsiasi atto di programmazione o di pianificazione del territorio, ivi compreso, tra gli altri, il piano regolatore generale, ovvero in base ad un qualsiasi altro piano o provvedimento che abbia precluso il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata.3.3. Alla luce di questo quadro legislativo specifico, non può dubitarsi che il sistema di ricognizione e valutazione degli immobili che ne discende li suddivide in base al binomio edificabilità-non edificabilità, dove questo secondo termine contrassegna tutti i beni cui non possa riconoscersi il parametro dell'edificabilità secondo l'accezione legale del termine, che corrisponde alle prescrizioni della disciplina urbanistica, e che detto sistema ha prescelto quale unico criterio per individuarne l'appartenenza all'una o all'altra categoria, quello dell'edificabilità legale, riconosciuta cioè direttamente ed esclusivamente dalla legge o, per essa, dagli strumenti urbanistici generali. Tale edificabilità legale si riferisce esclusivamente - come confermato dalla conclusiva indicazione del comma 4 dell'art. 37 del T.U., che considera espressamente inedificabili i terreni gravati da un relativo vincolo che precluda il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata –alla estrinsecazione dello ius aedifìcandi connesso al diritto di proprietà, ovvero all'edilizia privata esprimibile dal proprietario dell'area: in tal modo restando escluso che la previsione di interventi unicamente finalizzati alla realizzazione dello scopo pubblico per cui si rende necessario l'esproprio conferisca natura fabbricativa ai terreni, poiché lo stesso attiene al diverso concetto di edificabilità pubblica che discende dal sistema stesso della suddetta legislazione, in cui l'edilizia esplicabile per edifici e impianti ha una disciplina diversa dai limiti posti all'esplicazione delle facoltà dominicali, com'è desumibile dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. A-quater (si v., tra le altre, Sez.I, 6 aprile 2012, n. 5631).3.4. Ora, se è vero che, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 179/1999), non sono espropriativi «i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata», è pur vero che tale esclusione comporta secondo la Consulta la sola conseguenza che i vincoli suddetti non siano soggetti alla decadenza quinquennale di cui all'art. 2 legge n. 1187 del 1968 (perciò non provocando la situazione delle c.d. aree bianche di cui all'art. 4 legge n. 10 del 1977). Laddove la citata Cass. n. 5631/2012 ha precisato che «un'area va ritenuta edificabile soltanto se, e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale» e che «le possibilità legali di edificazione vanno di conseguenza esclusetutte le volte in cui lo strumento urbanistico vincoli concretamente la zona ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, zona di rispetto ecc.): perciò comprendente non soltanto opere pubbliche, ma anche interventi ed attrezzature di interesse generale che, seppur non destinati direttamente a scopi dell'amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività; inerente al diverso concetto d'edificabilità pubblica che discende dal sistema stesso della legge urbanistica, in cui l'edilizia esplicabile per edifici e impianti ha una disciplina diversa dai limiti posti all'esplicazione delle facoltà dominicali (L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 quater). E conclusivamente caratterizzato dal presupposto oggettivo che l'intervento (o il manufatto) sia destinato a servire un interesse generale (Cass. 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009; 17995/2009), nonché da quello di natura soggettiva che debba essere realizzato ad iniziativa pubblica o di soggetto istituzionalmente competente a realizzare opere pubbliche (Cass. 11322/2005). Pertanto a nulla rileva che lo stesso sia attuato dall'amministrazione direttamente o attraverso la partecipazione privata ed in tal caso avvalendosi di strumenti pubblicistici, quali concessioni di ogni tipo, affidamenti, programmazioni ecc. o, per converso privatistici, quali appalti, convenzioni, partecipazioni associative ed altro, né tanto meno le tipologie di strutture da costruire, la presenza di manufatti accessori e complementari, le prescrizioni (volumi, altezze, indici, limitazioni ecc.), le integrazioni e le altre modalità esplicative da osservare per la loro esecuzione il più delle volte disciplinate dagli strumenti di attuazione (che essendo strumenti di terzo livello in nessun caso potrebbero derogare quelli generali sovraordinati) : essendo decisivo e determinante per la classificazione non edificatoria dì dette aree il collegamento funzionale della destinazione impressa con taluno dì detti utilizzi e scopi pubblicistici, i quali apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. (...)Si è osservato, infine, che lo strumento urbanistico, titolare al riguardo di ampia discrezionalità, seppur in via eccezionale può attribuire ad una zona utilizzazioni non soltanto pubblicistiche nei termini avanti specificati, ma introdurre nell'ambito di essa, anche mediante la costituzione di una sottozona, una destinazione promiscua pubblico-privata o realizzabile anche ad iniziativa privata. Perché ricorra tale ipotesi che rende l'area nuovamente edificabile non è tuttavia sufficiente che l'intervento pubblico (strada, ferrovia, edificio pubblico, ecc.) sia realizzabile in linea astratta anche ad iniziativa privata: dovendo ciò essere il risultato, secondo la Consulta, di una scelta di politica programmatoria ricorrente solo quando gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatone) anche attraverso l'iniziativa economica privata - pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento; e perciò devolvendosi esclusivamente a ciascuno strumento urbanistico il potere dì stabilire espressamente se, per quali categorie dì opere ed in quali zone le stesse possano venire realizzate "anche attraverso l'iniziativa economica privata" (Cass. 2605/2010 cit; 21095/2009 cit; 15616/2007; 15389/2007)»…”
Ultimo aggiornamento: 13/10/2016

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