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Per la Corte Costituzionale le aree non edificabili vanno sempre indennizzate con riferimento al “serio ristoro”

Ultimo aggiornamento: 18/07/2014

 

La Corte Costituzionale con sentenza n. 187 del 2/07/2014, abrogando l’art. 13 della legge prov. di Trento n. 6 del 1993, ha confermato i principi introdotti con la precedente sentenza 181/2011.
Si ritiene opportuno richiamare, in estratto, alcuni punto della sentenza di particolare interesse:

“ omissis
Infatti, nella fattispecie in esame, non è in discussione la natura della superficie in esproprio che, come emerge dall’ordinanza di rimessione, «è costituita da una striscia di terreno della larghezza di mt. 4,50 circa e lunga mt. 140 posta tra un’arteria stradale e una linea ferroviaria». La stessa ordinanza precisa che «dal punto di vista urbanistico l’area ablata ricadeva in parte in zona F2 destinata alla viabilità e in parte in zona F3 destinata al sistema ferroviario secondo il PRG comunale; si trattava di destinazioni urbanistiche che non consentivano l’edificazione e pertanto, anche in considerazione di quanto previsto dall’art. 12 della legge provinciale n. 6/1993 secondo cui costituiscono aree non edificabili, tra l’altro, quelle destinate a viabilità, l’indennità espropriativa andava determinata sulla base del disposto dell’art. 13 della medesima L. P.».
L’area in questione, dunque, ha senza dubbio carattere non edificabile, avuto riguardo alle destinazioni urbanistiche che non consentono l’edificazione, sicché essa rientra nell’ambito applicativo del censurato art. 13 della legge prov. Trento n. 6 del 1993 (e successive modificazioni), a prescindere dalle identità o difformità dei presupposti normativi tra legge statale e legge provinciale.
Infine, in ordine alla rilevanza della questione, si deve rimarcare che la Corte d’appello ha ravvisato tale presupposto nella notevole differenza tra l’importo calcolato dal C.T.U., secondo le modalità previste dal citato art. 13, e quello determinato sulla base del valore di mercato dell’area espropriata. Si tratta di una motivazione non implausibile, che merita di essere condivisa. Non altrettanto può dirsi, invece, in ordine all’argomento della Provincia autonoma, secondo cui la Corte territoriale avrebbe potuto discostarsi dall’indicazione dei valori fissati nelle tabelle sui valori agricoli medi (VAM) mediante loro disapplicazione. È vero, infatti, che le tabelle sono atti amministrativi a carattere generale e di natura tecnico-discrezionale. Tuttavia, la Provincia trascura di considerare che esse sono state recepite in una norma di legge, del cui precetto sono divenute parti, sicché disapplicarle equivarrebbe a disapplicare la norma stessa.
…. Omissis ….
In questo quadro, l’art. 13 della legge prov. Trento n. 6 del 1993, come modificato dall’art. 58, comma 1, della legge prov. Trento n. 11 del 2006, dispone quanto segue: «1. Per le aree non edificabili l’indennità di espropriazione corrisponde al valore agricolo medio che deve essere attribuito all’area quale terreno considerato libero da vincoli di contratti agrari e secondo il tipo di coltura in atto al momento del deposito della domanda di cui all’articolo 4, comma 1.
2. A tal fine, entro il 31 dicembre di ogni anno per l’anno successivo, la C.P.E. provvede alla ripartizione del territorio provinciale in zone agrarie omogenee ed alla determinazione di valori agricoli medi secondo i tipi di coltura praticati in relazione alle singole zone agrarie, nonché del criterio di stima dei danni arrecati dal punto di vista del valore agrario alle proprietà residue nel caso di espropriazioni parziali di terreni agricoli.
2-bis. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 2 sono pubblicati nel Bollettino ufficiale della Regione».
Il criterio seguito dal legislatore regionale per calcolare l’indennità di espropriazione delle aree non edificabili (espressione che comprende le aree agricole e quelle non suscettibili di classificazione edificatoria) è, dunque, il valore agricolo medio del suolo secondo i tipi di coltura praticati in relazione alle singole zone agrarie, valore da determinare annualmente ad opera di un’apposita commissione previa ripartizione del territorio provinciale in zone agrarie omogenee.
Orbene, come questa Corte ha già osservato, nella sentenza n. 181 del 2011, con riguardo ad analoga normativa statale, «il valore tabellare così calcolato prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Restano così trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso. Il criterio, dunque, ha un carattere inevitabilmente astratto, che elude il “ragionevole legame” con il valore di mercato, “prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto con il “serio ristoro” richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte” (sentenza n. 348 del 2007, punto 5.7 del Considerato in diritto)».
È vero – prosegue la citata sentenza n. 181 del 2011 – che «il legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente l’indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato e che non sempre è garantita dalla CEDU una riparazione integrale, come la stessa Corte di Strasburgo ha affermato, sia pure aggiungendo che in caso di “espropriazione isolata”, pur se a fini di pubblica utilità, soltanto una riparazione integrale può essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene. Tuttavia, proprio l’esigenza di effettuare una valutazione di congruità dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore (sentenza n. 1165 del 1988), in guisa da garantire il “giusto equilibrio” tra l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui».
Il criterio della determinazione dell’indennità di espropriazione delle «aree non edificabili» di cui alla normativa nazionale dichiarata costituzionalmente illegittima con la citata sentenza è sostanzialmente riprodotto dalla normativa trentina oggetto di censura. La conclusione testé enunciata si impone, pertanto, anche per la denunziata norma provinciale di cui va dichiarata l’illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, e con l’art. 42, terzo comma, Cost.
… omissis … “

 

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